I LIMITI DEL SAPERE SCIENTIFICO (*)
Il punto di partenza della riflessione jaspersiana è relativo ad un confronto con la dimensione scientifica. Jaspers esclude la possibilità per il soggetto di raggiungere una conoscenza esaustiva ed onnicomprensiva del reale. Secondo il filosofo di Oldenburg, infatti, ciò che può essere conosciuto dall’intelletto umano sono soltanto aspetti di volta in volta parziali del mondo, mai la totalità dei fenomeni e quanto mai l’essere in sé.
Nella orientazione nel mondo (Weltorientierung) il soggetto, mediante l’attività intellettiva, riesce a conoscere sempre aspetti o ambiti particolari della realtà come realtà fenomenica, ma non trova mai l’essere in sé: l’essere, che nella sua assolutezza comprende ed abbraccia tutti i modi d’essere rimane perennemente al di là dell’orizzonte entro il quale l’uomo riesce a scrutare.
Esiste allora secondo Jaspers un orizzonte più ampio, più vasto inaccessibile all’intelletto umano. Verso tale orizzonte si spinge costantemente la ragione, come forza eversiva. Abbandonando il terreno dell’empiricità e della fenomenicità dei saperi positivi la filosofia (sospinta dalla ragione), si pone come continua ricerca di quell’ulteriorità che non si lascia mai ridurre ad oggetto di esperienza. Filosofare è per Jaspers trascendere, oltrepassare, pensare-oltre, tendere senza soste verso l’assoluto e l’incondizionato.
FILOSOFIA DELL’ESISTENZA (*)
Jaspers distingue tra esserci (Dasein) ed esistenza (Existenz). Esserci è per il filosofo di Oldenburg tutto ciò che ci è, tutto ciò che è situato in uno spazio e in un tempo e che quindi può essere prima osservato, poi oggettivamente conosciuto. L’uomo, secondo Jaspers, non è un semplice ente situato nello spazio e nel tempo (Dasein), non semplicemente ci-è, ma è Existenz, esistenza possibile, esistenza che si progetta e decide ogni volta del suo proprio essere.
La realizzazione del se stesso avviene però attraverso una dinamica di libertà e situazione. Ogni singola scelta, pur essendo la manifestazione della libertà del soggetto è condizionata dal contesto nel quale il soggetto per l’appunto si trova. Jaspers parla della situazionalità (ossia del fatto che l’esistenza non può non essere in una situazione e quindi de-situata) come della situazione limite per eccellenza. Essa costituisce un “limite a-priori” poiché condiziona e al tempo stesso determina e fonda qualsiasi possibilità umana.
L’esistenza quindi non si sa sul piano teoretico, ma sul piano pratico, attraverso la decisione e la continua conquista del proprio essere. Soltanto attraverso la scelta io realizzo autenticamente la mia esistenza, poiché sono io a decidere nell’attimo irripetibile che mi viene incontro. Non mi lascio decidere dagli altri o dalle situazioni, ma piuttosto conquisto il mio tempo in modo da realizzare l’esser che è mio proprio.
METAFISICA DELL’UMGREIFENDE (*)
Sin da Philosophie Jaspers identifica l’essere in sé con il concetto dell’Umgreifende come orizzonte ultimo mai accessibile ad una indagine scientifico-speculativa. L’Umgreifende di cui Jaspers ci parla è quella dimensione limite ove essere e verità si identificano, è lo “spazio” infinito che si sottrae ad un processo di spazio-temporalizzazione, ma verso il quale si muove destinato il nostro pensiero.
Secondo il filosofo di Oldenburg il tentativo di incontrare e di conoscere l’essere, partendo da una indagine ontica è destinato a fallire ancor prima di iniziare. L’essere non si incontra nella dimensione intramondana così come ogni ente, ma è ciò che precede e fonda l’ente nella sua entità, lasciando che esso sia e si presenti. Ciò che noi sperimentiamo nella quotidianità del nostro esserci sono soltanto cose, fatti, eventi, enti dunque che possono essere conosciuti in quanto oggetti di un’esperienza possibile.
Non oltre, ma prima e a fondamento di ogni ente, l’ “occhio” della metafisica “intravede” l’orizzonte dell’essere, come ciò che fa essere l’ente in quanto ente e lo lascia apparire nel mondo. Lungi dall’essere l’essere o Umgreifende oggetto di un sapere necessitante e intersoggettivamente valido, esso dischiude quelle realtà e quella vita entro le quali ci muoviamo spaesati e spauriti alla ricerca di un perché che ci sostenga.
ONTOLOGIA E PERIECONTOLOGIA (*)
La riflessione jaspersiana circa l’essere si inserisce nello scenario metafisico occidentale con caratteristiche del tutto particolari, si presenta cioè non come nuova ontologia, ma come periecontologia. Approdo ultimo infatti per ogni ontologia è secondo il pensatore tedesco lo “scacco” (Scheitern) del pensiero, perché confondendo l’essere con l’ente, essa (l’ontologia), si smarrisce in un’infinità di fenomeni particolari e quindi perviene all’impossibilità di afferrare e com-prendere l’essere nella sua in-seità, o in altre parole giungere al fondamento ultimo delle cose.
La periecontologia di cui Jaspers si fa portavoce, non pretende di racchiudere l’essere nell’apoditticità di un giudizio di sintesi (operando quindi una cattura dell’essere ad opera del concetto), ma preferisce mantenere quella distanza infinita che separa l’uomo dall’essere, in modo tale che l’uomo resti un semplice ascoltatore della parola che ci giunge da lontano e dunque un semplice viandante in cammino sulla strada tortuosa che conduce alla verità suprema.
Ontologia e periecontologia rappresentano quindi secondo Jaspers due atteggiamenti di pensiero che divergono quanto a finalità, obiettivi, modalità di indagine, ma che soprattutto presentano una diversa considerazione dell’essere, dell’uomo, e del rapporto uomo-essere. All’idea infatti di un sapere compiuto dell’essere, la periecontologia sostituisce l’amore e l’infinita tensione verso l’ulteriorità; all’ambizioso quanto vacuo progetto di dire ciò che non può essere detto, essa sostituisce l’ascolto puro del silenzio (Schweigen) come voce della trascendenza.
FEDE FILOFOFICA E FEDE RIVELATA (*)
Jaspers considera la filosofia come fede filosofica (Der philosophische Glaube).
La fede di cui Jaspers ci parla è la pura e semplice apertura verso l’Altro, non la fissazione dell’Altro in un contenuto empirico-fattuale. Per il pensiero, in quanto forma di fede, non esistono tracce evidenti ed inequivocabili capaci di attestare in modo tangibile la presenza della trascendenza, nel mondo e nella storia, ma solo labili ed evanescenti testimonianze, accenni o cifre, che rinviano necessariamente ed incessantemente verso quello spazio illimitato, che è lo spazio del dialogo e della comunicazione tra le esistenze.
La fede filosofica è quindi per Jaspers uno strumento in vista della comprensione dell’essere e dunque, non possesso dell’essere, sapere assoluto, ma volontà di comunicazione, tensione ermeneutica.
Proprio in virtù di questo suo carattere di apertura e di amore, la filosofia cerca un confronto critico a partire dalla stessa dimensione teologica, la quale, maturando nei secoli una diversa, forse opposta concezione della fede, costituisce per il pensatore tedesco non un ostacolo, bensì un costante punto di riferimento nel tortuoso cammino che conduce alla verità suprema.
LE CIFRE COME LINGUAGGIO DELLA TRASCENDENZA (*)
Uno degli aspetti più originali e significativi della filosofia jaspersiana riguarda la teoria della cifralità dell’esserci, intesa come autentico linguaggio dell’essere, e quindi come traccia, accenno della trascendenza. L’essere infatti in quanto trascendenza non può mai essere ridotto ad ente conosciuto, ma nell’ente, in ogni ente, l’occhio acuto dell’Existenz intravede in forma velata la “presenza” dell’inattingibile.
La cifra (Chiffer) o “oggettività metafisica” si pone secondo il filosofo di Oldenburg come termine di mediazione tra l’esistenza e la trascendenza. Essa non costituisce un sapere valido e oggettivo, non può essere intesa dalla coscienza in generale, ma solo da noi come esistenza possibile; è occasione di infinite possibili interpretazioni, ma non certo decifrabile una volta per tutte.
Secondo Jaspers ogni cosa può essere interpretata come cifra: «tutto ciò che è ed è prodotto dall’uomo, il reale di fatto, l’oggetto rappresentato, quello pensato e che si trova nella tradizione mistica, religioso-culturale, sacrale, poetica ed artistica, nella filosofia» (K. JASPERS, La fede filosofica di fronte alla rivelazione, p. 243). Ovunque è possibile leggere il linguaggio delle cifre, udire il “suono” della trascendenza, ma in nessun luogo ci è concesso di vedere il “volto” di Dio.
POLITICA E STORIA (**)
L’avvicinamento di Jaspers alla politica avvenne sotto la pressione degli eventi storici: le due Guerre Mondiali, l’esperienza del nazismo e del totalitarismo, l’Olocausto. Da quel momento essa divenne una componente costante e irrinunciabile della sua riflessione come filosofo ma anche come intellettuale. A partire dal secondo dopoguerra, e fino alla morte, Jaspers si espresse pubblicamente su alcune delle questioni più spinose del pubblico dibattito, spesso distinguendosi per le sue prese di posizioni “scomode” e anomale rispetto all’opinione generale. Si ricordano, in particolare, il celeberrimo scritto su Die Schuldfrage (La questione della colpa – 1946), che senza mezzi termini affronta, a ridosso della disfatta, la questione delle colpe e responsabilità dei tedeschi in relazione alla guerra e allo sterminio degli ebrei, il trattato sulla questione atomica, Die Atombombe und die Zukunft des Menschen (La bomba atomica e il futuro dell’uomo – 1958) e lo scritto sulla riunificazione delle due Germanie, Freiheit und Wiedervereinigung (Libertà e riunificazione – 1960). Diverse potevano essere le questioni trattate, ogni volta il valore della libertà viene messo in tensione con quello dell’uguaglianza, della responsabilità sociale e storica, della pace non a ogni costo.
Storicità, pluralità e realismo costituiscono le categorie a partire dalle quali Jaspers, forte dell’esperienza storica e interiorizzando l’insegnamento di Max Weber, concepisce la politica come lo strumento indispensabile per organizzare con strumenti propri e autonomi sia il vivere comune dei più sia il vivere individuale dei singoli. La dimensione orizzontale storica va integrata dall’azione della ragione, intesa come principio di critica e forza di movimento incessante che pone l’uomo a confronto con l’istanza della relazionalità, proiettata anche nel futuro (da qui il doveroso riferimento al genere umano nel suo complesso, comprensivo anche delle generazioni a venire), e con la prospettiva della Trascendenza. Rielaborando in modo autonomo e originale passaggi centrali della filosofia kantiana, Jaspers giunge a dare alla politica un’impostazione e un significato etico: le idee formulate dalla ragione devono rappresentare gli ideali e i valori che, orientando l’attività e il giudizio politici, garantiscono che divenga possibile costruire nella storia modi e spazi di vita e d’azione degni del valore sovrapolitico dell’uomo.
(*) A cura di Antonio Di Gennaro
(**) A cura di Elena Alessiato
Per una introduzione al pensiero di Jaspers si consigliano:
G. Cantillo, Introduzione a Jaspers, Laterza, Bari-Roma 20124 (edizione digitale, 2014)
R. Garaventa, Karl Jaspers, Corriere della Sera, Milano 2015